Maria Montessori e le nuove tecnologie

Sabato 17 Marzo 2018 – Presentazione del libro
“La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie” di Mario Valle

Prefazione di Grazia Honegger Fresco

Il lavoro di Mario Valle è in primo luogo un’ottima esposizione del pensiero di Maria Montessori, questa signora venuta dalla fine dell’Ottocento, a lungo considerata un rudere (come il grande Pestalozzi), un fossile (come il coraggioso Fröbel), superata dalle mode venute con gli stili super-competitivi d’oltre Atlantico e oggi, improvvisamente, diventata di moda. Fa bene Valle a confrontarla con il presente che si trova nella morsa di minacce planetarie, politiche confuse da un continente all’altro e genitori in preda come mai ad ansie di successo.

Abbiamo dimenticato il passato che lei, inascoltata, aveva in parte preparato, così come abbiamo ignorato il contenuto libertario, laico, rispettoso dei ragazzi, proclamato da Dewey, Adler, Wallon e, prima ancora, dagli innovatori del BIE di Ginevra (Ferrière in testa) e dalle voci degli anni ’50/’60 – Lamberto Borghi, Aldo Capitini, Rita Fasolo, Margherita Zöbeli, Aldo Pettini e Pino Tamagnini, allievi di Freinet.

Non ultimo, don Milani. Sono stati a volte tollerati come punte di diamante per fare… bella figura, in realtà per non cambiare nulla. I soliti gattopardi. In realtà voci, al pari di Montessori, considerate pericolose dai ministeriali di viale Trastevere, come dai politici, dai cittadini e dalle famiglie nel soporifero clima democristiano che ha accompagnato il boom economico del secondo dopoguerra. Del resto la paura ancestrale del cambiamento riaffiora ad ogni novità: anche Valle ce ne parla con acute considerazioni. Ora però l’avanzare della tecnologia è talmente imponente e rapido da provocare improvvisi mutamenti, impensabili solo vent’anni addietro: un vero ciclone. Il problema che si presenta è: come farà la scuola (tradizionale) a innestare i nuovissimi strumenti sulle solite vecchie modalità (bambini seduti in silenzio e adulti parlanti, interrogazioni a sorpresa e continua competizione)?

Non sarà che rischiamo una collusione senza precedenti?

Il fallimento non potrebbe essere che macroscopico e dannoso per chiunque, se il sistema continuasse ad essere radicato sul binomio emulazione/valutazione, su chi è bravo e chi il perdente o l’incerto che facilmente finiscono nella categoria dei BES, isolati dai compagni e destinati a umilianti recuperi. È l’annoso sistema che produce i bulli e le sue vittime silenziose, per rimediare al quale oggi si mandano nelle scuole a far lezione i… poliziotti. È più semplice che rimuovere la radice malata, no?

Un’amica mi racconta che nella scuola dove va un suo nipotino di sei anni è stata introdotta una speciale lavagna (una LIM?), davanti alla quale i bambini sono condotti una volta la settimana. Uno di loro è stato messo in castigo per essersi alzato e averla toccata. “La maestra dice che lui è il solito, non sa stare mai fermo”, ha detto il nipotino.

Per prima cosa urge rovesciare (sempre che ci sia il tempo reale per farlo) la qualità relazionale nel fare scuola (cui del resto tanti, alla chetichella e per proprio conto, sono già arrivati). Questo comporta modificare il pensiero degli adulti, le loro abitudini, il linguaggio, la sfiducia con cui si rivolgono a bambini e a ragazzi. Come Montessori ha ripetutamente messo in luce, sono loro i veri portatori del nuovo, donne e uomini del futuro che davvero potrebbero – se solo glielo permettessimo – rompere le antiche catene dell’obbedienza passiva, del sotterfugio, del far la spia, della ripetizione da noiosi libri di testo, per portare dentro la scuola la vita che esplode in tante forme e che finora ne resta esclusa.

Valle – che è uno scienziato, vorrei dire, ottimista – non appare preoccupato e ci guida in questo nuovo percorso, illustrando via via come la proposta Montessori possa costituire la base più sicura per ottimizzare il cambiamento. Lo fa in modo chiaro, incoraggiante e sempre efficace.

(Ottime fra l’altro le sezioni intitolate “Ricapitolando” alla fine di ogni capitolo come nitidi elenchi delle tematiche affrontate). Al nuovo, positivo o negativo che sia, i più giovani ci arrivano prima degli adulti, perché sono curiosi, desiderosi di avventure e di scoperte fatte in prima persona, perché ignorano le paure che affliggono genitori e maestri, che restano indietro, preoccupati se non spaventati. Possono insegnarci molto, ma noi non li ascoltiamo. Sempre così da antichi tempi.

Sì, c’era stato quel ragazzino che parlava con saggezza ai Saggi del Tempio o quell’altro che in poco tempo diventa grande e luminoso imperatore, per non parlare di geni matematici o di grandi musicisti appena adolescenti, di fanciulline che hanno spezzato qualche pregiudizio nel campo della pittura e persino della scultura… Esempi rari: ogni volta la coltre del potere adulto è stata lì pronta a coprire, ad appiattire. Ora c’è una presenza nuova: i “nativi digitali” che si stanno appropriando di contenuti e di linguaggi che sfuggono a noi adulti e ci mettono di fronte a forme di comunicazione totale, a invenzioni nate da intelligenze molto giovani che per prime hanno capito l’enorme potenzialità delle nuove tecnologie. Ormai è un mare inarrestabile: non possiamo perdere un minuto perché la scuola esca dalla sua immobilità. Per chi, come me, che, data l’età, ha limitata conoscenza delle “diavolerie” tecnologiche – ogni giorno una nuova – questo libro è prezioso, fa ordine, chiarisce, spiega, denuncia i pro e i contro e soprattutto incoraggia.

Un suo pregio è anche di definire i confini dei primi destinatari: quelli della seconda infanzia, escludendo i 3-6 e soprattutto “i mille giorni che contano”, i primi tre anni di vita, proteggendoli da dispositivi che escludono in partenza l’esperienza manuale/sensoriale e il graduale passaggio da una vita inconscia alla capacità di cominciare a dominare la realtà quotidiana. A furia di anticipare – con l’illusione che prima imparano a usare i cellulari e tablet, e più saranno intelligenti – si comincia addirittura prima dei due anni, come denunciano coordinatrici ed educatrici di Nido, attente alle reazioni dei più piccoli. Si sa che a quest’età imparano assorbendo dai genitori gesti e occupazioni, diventando abilissimi a premere tasti, a danno di altre abilità di base: quelle che preparano l’Homo Faber inventore e costruttore, particolarmente curate e realizzate nelle scuole Montessori ben fatte. Valle illustra con dovizia di riflessioni la pericolosità di questa perdita e mette in luce anche l’importanza di dare risposte differenziate secondo le varie fasi di sviluppo, anche questo elemento ignorato da un sistema scolastico teso più a informare che a formare. Il suo è davvero un lavoro importante, utilissimo per chiunque voglia capire e favorire per i bambini e i ragazzi la rivoluzione epocale che sta avvenendo sotto i nostri occhi.

Grazia Honegger Fresco
Castellanza (VA), 12 aprile 2017

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